8 marzo a Merate (MI) con l'opera di teatro contro la violenza LDM Labirinti del Male
Il Rotary Club Colli Briantei, il Rotary Club Merate Brianza ed il Rotaract contro il femminicidio, lo stalking e la violenza sulle donne.
In occasione della festa della donna dell’8 marzo, una serata a teatro, ad ingresso gratuito, nell’Auditorium di Merate, con l'opera di teatro didattico contro la violenza sulle donne ‘I LABIRINTI DEL MALE’, scritta da Elisa Barbieri (Giulietta Kelly) con il gen. Luciano Garofano, già comandante dei RIS dei Carabinieri, che sarà anche protagonista - interpretando se stesso - nella messa in scena di Alessandro Molinari.
"Violenza sulle donne e femminicidio – spiega la dott.ssa Monica Rivolta, presidente del RC Colli Briantei - non sono certo fenomeni nuovi per il genere umano. Ma è vero che sembrano amplificati per numero e gravità in funzione di un'informazione che viaggia veloce e, troppo spesso, sovraespone il fatto di cronaca senza approfondirlo nelle sue dinamiche psicologiche.Il senso di un'opera teatrale come "I Labirinti del Male" è proprio quello di agire in controtendenza, insegnando alle donne come riconoscere un possibile stalker: l'aggressore nascosto sotto le mentite spoglie del corteggiatore, dell'uomo che si dichiara pronto ad uccidersi, e quindi ad uccidere, per amore. Sì, amore malato. Uno spettacolo didattico, rivolto alle donne, ma non solo, ai genitori, agli educatori, a tutti. Perché nessuno possa più dire nelle interviste televisive, parlando del vicino di casa, responsabile di un delitto: "Sembrava una persona normale, non avrei mai sospettato potesse arrivare a tanto...". Esiste l'attenzione per l'altro, la partecipazione, lo spirito d'osservazione che, se correttamente sviluppato, aiuta a cogliere i segnali premonitori di una tragedia".
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5 buoni motivi per scrivere per se’ (non per pubblicare)
Ho terminato la mia autobiografia, stampata, rilegata, spedita a una lettrice incognita, infilate tra una Dickinson e un Balzac le copie destinate ai figli una volta raggiunta la maggiore età.
Mi sento sollevata ma soprattutto svuotata, come dopo ogni grande consegna. Cerco di riempire il vuoto parlandone con amici, i quali mi chiedono tutti se la pubblicherò. Noto che quando rispondo di no, l’interesse per il lavoro inesorabilmente scema.
La cosa mi delude un po’, così mi consolo traendone “food for thought”. Conosciamo bene i vantaggi della pubblicazione: qualche guadagno, gratificazioni, nuovi contatti e notorietà in caso di successo editoriale.
Certamente risulta più difficile capire perché mai ci si dovrebbe limitare a scrivere per se’ e per pochi eletti. Ma vi assicuro che non si tratta di un’idea insensata e qui di seguito proverò a convincervi con 5 motivazioni:
- La libertà di seguire i propri gusti (e non quelli del mercato)
scrivere per sé significa non doversi preoccupare di quali sono i generi e i temi che vanno per la maggiore - possiamo scrivere ciò che più ci interessa e ci attrae, cercando di soddisfare un solo lettore (cha, tra l’altro, conosciamo benissimo): noi stessi. Niente sciatteria, quindi, anzi, al contrario, faremo di tutto perché lo stile della nostra opera ci assomigli più possibile
- Portersi rivelare nella scrittura
scrivere per se’ consente di potersi rivelare nella scrittura nella propria intima sincerità, senza dover usare la scrittura per esprimere e allo stesso tempo celare, per nascondere aspetti di se’ che non si vorrebbero fossero riconosciuti, da nessuno o da qualcuno
- Fare un dono e creare connessioni sintoniche
scrivere per se’ non vuol dire fare un’opera assolutamente privata e non condivisibile. Alcontrario, si può fare dono del proprio scritto ad alcune persone selezionate con cui ci si sente in sintonia, per mettere in moto uno scambio di idee e sentimenti e lasciare che il proprio seme germini e si diffonda spontaneamente, là dove crediamo che possa essere meglio recepito. E’ probabile che si creeranno nuove interessanti connessioni. In ogni caso, lo sguardo dell’altro sarà un momento di importante verifica e stimolo.
- Dare alla propria storia l’importanza che merita
Spesso i libri interessano gli editori quando rappresentano storie con effetti speciali alla Murakami, condizioni estreme alla Susak o coté piccanti alla E. L. James
La maggior parte delle storie di vita sono molto più sottili e mano appariscenti, ma non per questo meno rilevanti. Scrivere il libro della propria vita per se’ consente di sottrarre la propria storia a mistificazioni compiute in nome dei numeri, permette di scrivere con il solo scopo di celebrare la Vita come maestra, di individuare e riconoscere i punti salienti che hanno formato la persona che si è diventati.
- Raggiungere obiettivi personali attraverso la scrittura
Lasciare una traccia di se’, colmare un vuoto, dare forma estetica alla propria Vita, riconciliarsi col passato, riaprirsi alla progettualità, scoprire le proprie radici, cercare una cura: sono diverse le ragioni che muovono uno scrittore prettamente autobiografo, ma tutte sono legate alla sfera privata, non a quella pubblica – da qui la non-necessità di rendere pubblica l’opera (così come suggerisce il verbo “pubblicare”).
Ciò detto, è probabile che il lavoro di stesura della propria storia sia un ottimo canovaccio da rielaborare creativamente per partire alla conquista del grande pubblico. Questa volta con tutta la progettualità che un potenziale best seller richiede.
Davines WWHT 2016 L.A. Report
Davines proposed the best of international coiffure with an extraordinary hairshow at the historic Orpheum Theatre located in downtown L.A., where over 2,000 attendants showed up to the two-day (January 18-19, 2016) annual event – World Wide Hair Tour. The fusion of videoart, music, dance and light breathed life into the creations of Davines’ most renowned hairstylists in the world.
00:am has been working for months on the Show Artistic Direction: video&graphic backgrounds, video-stories, soundtracks, storytelling, choice of the theme, creative maps and new formats, like the World Style Contest’s competition one.
The number one star of the show was of course the hair genius Angelo Seminara, Davines Artistic Director since 2011, who performed in two amazing shows –Monday & Tuesday– that simply mesmerized his audience. Angelo took this opportunity in the spotlight to present Davines’ new line Your Hair Assistant, conceived and designed by himself.
Among the talent that was gracing Orpheum Theatre was legendary cinema hairdresser Aldo Signoretti, amazing Canadian hairstylist Anna Pacitto, Danish dynamic duo Brian & Kirsten, the sublime team of ION Studio NYC, the extraordinary Anthony Polsinelli, UK London's education gurus Allilon Education Team led by Johnny Othona and Pedro Inchenko, and the Davines North America Artistic Team made by Francesco Ferri, James Abu Ulba, Lina Shamoun and Naomi Knights.
Davide Bollati, the Owner/Chairman of Davines, shared with the audience I Sustain Beauty, a callout for everybody to participate in making the world a more beautiful place and the Davines Village, the architecture project for the company’s new headquarters in Parma designed by Matteo Thun.
Davines CEO, Paolo Braguzzi, explained to the audience what B.Corps are - companies who use business to do something good for the world - and proclaimed the company’s intention to join the global B.Corps Movement in the next few months.
Hair Show Storytelling - DAVINES WWHT 2016 LOS ANGELES
Quello dei parrucchieri è un mondo a sé. Difficilmente catalogabili, artistoidi, entusiasti e sempre appassionati di qualcosa, dalla cucina creativa al teatro sperimentale. Vederli tutti insieme in uno di quegli eventi professionali di cui i non addetti ai lavori non sospettano minimamente l’esistenza, fa quasi impressione.
Io, che a molti di questi eventi partecipo dietro le quinte, ho avuto modo di a osservarli per bene: quelli che siedono in platea sono mossi da quella fame di cui parlava Mr Apple e da un'ammirazione stupita, come una matricola di sociologia inaspettatamente a tu per tu con Zygmunt Bauman.
Quelli che si esibiscono riescono a creare on stage magie che vanno ben oltre un taglio, facendo uscire dalle loro mani giochi di prestigio, affreschi di visioni con coordinate spazio temporali disparate e sempre intensamente vivide.
Fra pochi giorni, il 18 e 19 gennaio 2016, arriverà il momento di mettere in scena la 17ma edizione del WWWH, evento che la haircare company Davines organizza ogni anno in una top location del globo. Quest'anno sarà la volta di Los Angeles ed io ci sarò.
Non sono elettrizzata solo perché dopo tanto tempo torno a fare una trasferta cosi lontano, perché per la prima volta i miei bambini faranno l'esperienza di vivere 9 giorni con amici, perché non mi sembrerà vero di fare solo lavoro professionale per una settimana (e zero lavoro domestico!) ma... Perché per la prima volta lo storytelling è entrato nella creazione del WWHT!
Innanzitutto, a differenza di tutte le edizioni precedenti, in cui ogni stilista sceglieva individualmente il tema a cui ispirarsi per mettere in scena la sua collezione di immagini, abbiamo scelto di dare un tema comune.
Non solo. Abbiamo scelto un tema meta narrativo (che ha a che fare in sé e per sé con la narrazione): la creazione del personaggio. Ad ogni stilista è stato chiesto di mettersi nei panni di un regista teatrale o cinematografico, creando dei personaggi che raccontino una storia.
Ho confezionato una “Guida in 10 punti per creare uno show di successo” e mi sono divertita a supportare gli stilisti con una fucina di idee, script e spunti per contestualizzare in una narrazione i loro stimoli visivi.
Cosi - secondo la filosofia del personal storytelling - ad ognuno il suo: il tema del doppio nei supereroi dei fumetti anni ’60, lo stile memoir scritto a lettera 24, l'amore catartico di Romeo e Giulietta di Shakespeare visto con le lenti strobo di Baz Luhrmann, l’estetica della percezione di Peter Hoeg nel suo “Il senso di Smilla per la neve”, fino alla fiaba della natura e del paesaggio “Il giardino delle meraviglie” di Hans Christian Andersen.
Ora ... the show must start! Ed io non vedo l'ora di schiacciare Play All e scoprire che forma avranno preso le storie tra le mani dei parrucchieri.
Elisa Giulietta
Scrivere: una chance per le “Precious Girls”
Difficile prendere sonno dopo aver visto Precious, il film del regista Lee Daniels, prodotto da Oprah Winfrey, vincitore nel 2010 di 2 Oscar, 1 Golden Globe, del Sundance Film Festival e molti altri prestigiosi riconoscimenti per le interpretazioni dell’attrice comica Mo’Nique nelle vesti della madre e di Gabourey Sidibe in quelle della figlia Precious.
Nonostante il personaggio della protagonista Precious sia un’invenzione della scrittrice Sapphire, dal cui romanzo “Push” è tratta la sceneggiatura del film, si sa che di storie tragiche come quella di Precious è pieno il mondo. Non a caso il primo titolo di coda è in realtà una dedica “For all Precious girls everywhere in the world”.
E’ opprimente, claustrofobica, di una durezza spesso insopportabile la condizione della teenager Precious, che vive in un appartamento soffocante di uno squallido palazzo ad Harlem con la madre abbrutita fino al disumano dalla violenza e dalla gelosia verso la figlia follemente percepita come rivale in amore, in quanto abusata dal padre dall’età di 3 anni. Precious ha già avuto dai rapporti col padre una figlia di pochi anni, che - avendo la sindrome di Down - viene chiamata “Mongo” ed è incinta di un altro figlio incestuoso.
Precious ha un buon carattere, o forse semplicemente non si ribella per incapacità di gestire la solitudine e per paura di non poter vivere senza il sussidio della madre. Vorrebbe essere bianca, coi capelli lunghi e magra. Invece ha i capelli corti, è nera e obesa, talmente obesa che il grasso delle guance e della fronte le nascondono gli occhi. Sogna di essere una popstar, una fotomodella, una cantante gospel – invece è analfabeta e la preside della scuola, quando scopre la sua gravidanza, la spedisce in una scuola alternativa. Qui Precious incontra la Signorina Rain, che insegnerà a lei e alle altre ragazze disagiate della piccola classe a leggere e scrivere. Ma la Signorina Rain sa che conoscere l’alfabeto non è un’abilità fine a se stessa, ma lo strumento fondamentale della comunicazione. Così, stimolando l’apertura, l’espressione, la condivisione, pian piano la disperazione, l’introversione, la sfiducia, la rassegnazione e la mancanza di autostima di Precious si trasformano. Dal non riuscire a nominare nemmeno una cosa che sa fare, Precious arriverà a scrivere favole e poesie e, soprattutto, a raccontare di se’.
Non fa null’altro, la Signorina Rain. Niente storia, geografia o matematica. Solo scrivere di se’, dei propri desideri, aspettative, delusioni, errori e speranze. Perché – come scrive Karen Blixen ne “La mia Africa” - “Solo scrivendo si può rendere il dolore più tollerabile”. Lungo il processo di auto-salvazione di Precious, ci sarà un solo momento in cui la scrittura sarà troppo debole per compiere il miracolo. Quando, dopo aver partorito un figlio sano e bello tra il conforto delle compagne di scuola, aver lasciato la casa della madre, aver passato il Natale dalla Signorina Rain e aver trovato una casa d’accoglienza, Precious scoprirà di essere sieropositiva. Quel giorno Precious, in classe, si rifiuta di scrivere.
Il dolore, la rabbia, la preoccupazione sono troppo grandi per essere contenuti nella scrittura. “Scrivi, scrivi” la esorta piangendo la Signorina Rain. “Non posso.” “Scrivi per chi ti ama.” “Non mi ama nessuno. L’amore mi ha fatto del male.” “Non era amore, quello che ti ha fatto male. Tuo figlio ti ama.”
Anche Precious ama suo figlio, entrambi i suoi figli, riuscendo incredibilmente a superare l’eredità di odio ricevuta. In questo è lei la maestra più grande. Tanto che, quando alla nascita del piccolo, la Signorina Rain vuole convincerla ad affidarlo ad una famiglia per poter essere libera di prosegure gli studi e non essere costretta a lavorare come domestica a 3 dollari l’ora, Precious le risponde “Lui ha bisogno di me, solo io posso dargli quello di cui ha bisogno ora” soffocando il piccolo viso di Abdul con l’enorme seno da cui il neonato succhia il latte.
https://www.youtube.com/watch?v=06ZF3zw1gHs
La beatitudine della scrittura
Delle 9 beatitudini citate da Gesu’ nel discorso della montagna, ce n’è una in particolare che è stata oggetto della conferenza tenuta in questi giorni a Parma dal Prof Duccio Demetrio, guru italiano in fatto di autobiografia, fondatore della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari.
Qual è? La misericordia.
Che rapporto c’è tra uno scrittore non credente, una parola trascendente e una pratica apparentemente obsoleta in età di social network, come l’autobiografia?
Come ho già scritto nel post "Riconciliarsi col passato", prendendo spunto dalle riflessioni di Michela Marzano, la scrittura offre una preziosa occasione di ri-affezione a se stessi.
Ma la misericordia è qualcosa di generalmente associato alla relazione con l’altro: smontando la parola, troviamo un etimo che ci parla di “cor” latino e di misereo, di miseria altrui, di compassione che ci porta istintivamente a sentire il dolore dell’altro.
Ecco allora che, rimanendo in questa accezione relazionale della parola, Demetrio cita l’arguta trasposizione contemporanea delle 7 opere di misericordia corporale proposte nel libro “Compassione” del medico Giorgio Cosmacini, in cui ogni stazione viene presentata rovesciata: il dar da mangiare agli affamati si ribalta nell'esigenza di sottoalimentare gli obesi; dar da bere agli assetati si inverte nella regola di disassuefare i bevitori; vestire gli ignudi si trasforma nella resistenza alle invadenze della moda; alloggiare i pellegrini nel non respingere gli immigrati; visitare i malati nel non perdere il dialogo con i pazienti; visitare i carcerati è il non aggiungere pena a pena; seppellire i morti si traduce nel rispetto della dignità e della volontà di chi muore.
Ma introdurre il tema della scrittura autobiografica sposta il tema della misericordia su un piano tutto intimo e personale. Chi è il prossimo dentro di noi? Chi è, direbbe Anna Frank, quell’Anna “meno” che ha bisogno di essere perdonata dall’Anna “più?”
In fin dei conti, anche il perdonare se stessi non è cosa da poco, e la scrittura offre un valido aiuto a chi vuole farlo, guardando in faccia uno per uno i propri errori, schivando la tentazione di facili auto-assoluzioni.
Anzi, andando oltre, si potrebbe dire che proprio imparando a riconoscere dentro noi quel prossimo che ha bisogno di essere accettato , quella parte di noi che meno ci piace vedere, che consideriamo “altra da noi”, possiamo imparare ad accettare gli altri fuori di noi, perché – in fondo – gli altri sono dentro di noi, così come noi siamo dentro gli altri.
Ci sono situazioni in cui si passa tutta la vita a cercare di perdonarsi, con grande sofferenza, senza mai riuscirci fino in fondo.
E’ stata emozionante la lettura di un paio di poesie di un detenuto del carcere di Opera; versi scritti con “stimmate d’inchiostro” (cit.), desiderosi di tenere accesa la candela di una dolorosa memoria, onesti nel ripercorrere ogni passaggio di nottate perverse e violente, ancora capaci di stupore al pensiero di tramonti invisibili dietro il filo spinato, eloquenti nel trasmettere la sofferenza infinita di chi paga, sia pur meritatamente, con la perdita della libertà.
Trapelano, dalle poesie di questo detenuto, la caparbietà e la determinazione di chi vuole resistere alla propria storia, assumendosene la responsabilità fino in fondo, senza cedere a fughe reali o sintetiche.
Una fatica di vivere e di scrivere, che nasce dalla volontà strenua di essere misericordiosi con se stessi, quando sarebbe più semplice odiarsi o dimenticarsi di sé. Ma la misericordia non è cedimento: è resistenza e coraggio.
Oggi più che mai, in un momento storico in cui occorre trovare un modo nuovo di reagire alla brutalità, un modo che non sia né resa né attacco, è una parola su cui riflettere.
Scrive l'autobiografia chi ha successo - Successful people writing their autobiography
Cos'hanno in comune Lena Dunham, Amy Schumer e Katy Perry? Il fatto di avere scritto la loro autobiografia a 30 anni - ben prima del tempo dei bilanci tipici della mezza età - e il modo in cui l'hanno fatto. Prima di diventare famose avevano vite normali, quindi hanno voluto raccontare storie di successo ad uso e consumo di aspiranti celeb, per indicare la via a chi ha voglia di sfondare. Il modo in cui l'hanno fatto è quasi sempre l'ironia, quella giusta distanza che permette di accettare le proprie imperfezioni sino a farle diventare il proprio punto di forza.
What do Lena Dunham, Amy Schumer and Katy Perry have in common? The fact of writing their autobiography in their thirties - well ahead the time of middle aged analysis - and the way they did it. Before becoming famous, they had normal lives, so they wanted to tell their success stories for wannabe celebs, to show them how to hit the big time.
Little Memories - autobiografia a misura di bambino
Per la matematica c’è Team Umizoomi, per l’inglese Disney Magic English, per le abilità musicali e il problem solving Dora l’Esploratrice: il palinsesto TV pullula di cartoons con finalità educative esplicite. Ma tra le materie del piano di studi televisivo per bambini in età prescolare mancava la psicologia, e allora è arrivato al cinema con Inside Out un film che parla proprio di questo, con il ritmo e la genialità iconica di Disney Pixar.
Ecco allora le emozioni diventare personaggi che, tra un pasticcio e l’altro, proteggono la protagonista Rylie dai pericoli (Paura), la aiutano a trovare empatia (Tristezza), la salvano da possibili avvelenamenti (Disgusto), la fanno lottare contro le ingiustizie (Rabbia), fanno l’impossibile per compiere la missione di far felice Rylie (Gioia).
Gioia è la leader del gruppo delle emozioni, quella che sente la responsabilità maggiore verso Rylie e che lotta per difendere il primato del pensiero positivo, salvo poi rendersi conto sul finale che la sua “ombra”, Tristezza, può essere in alcuni casi più utile di lei (e meno male! altrimenti chi, come me, è ormai affezionata alla propria ineludibile vena tragica e introversa avrebbe trovato un po’ falsata e superficiale la felicità sempre e a tutti i costi).
Allo scenario il compito di illustrare le funzionali celebrali della memoria, dell’astrazione, del subconscio, dell’immaginazione, del pensiero, della personalità - sotto forma di trenini, biblioteche, scantinati, luna park, deserti neri, isole fluttuanti.
Ma cosa c’entra tutto questo con il Personal Storytelling?
C’entra, perché questo film porta un linguaggio nuovo nell’ambito biografico e autobiografico, che tende solitamente ad avere una vena malinconia, data per scontata dal senso comune quando si parla di passato, di ricordi, del “c’era una volta, la mia storia”.
Qui invece, al di là del fatto che l’aspetto divertente è dettato dalla natura di film di intrattenimento per bambini, c’è un atteggiamento diverso verso la memoria. I ricordi sono biglie di vetro contenenti le immagini dell’evento ricordato, che cambiano colore a seconda dell’emozione prevalente che li contraddistingue. Ci sono ricordi secondari e primari, ricordi del giorno e ricordi archiviati nella sterminata biblioteca della memoria a lungo termine, ricordi chiamati all’appello per rivivere nel centro di comando del cervello e ricordi caduti nel burrone dell’oblio, e persino ricordi-tormentone (per Rylie è la pubblicità di un dentifricio - e la capiamo bene, chi non ha in testa un motivetto assurdo che vorrebbe dimenticare senza riuscirci?).
Ma i ricordi non sono immutabili, al contrario possono cambiare la loro posizione nel cervello - la sinapsi attivata dal ricordo di un amico immaginario porta fuori dal buio il ricordo di un razzo magico usato nel gioco con lui - ma, soprattutto i ricordi possono trasformarsi, cambiando la loro tonalità emotiva.
Lo sapeva già oltre 100 anni fa Marcel Proust, rendendosi conto nello scrivere la sua Recherche du Temps Perdu di aver ricordato più belli e colorati certi episodi di quanto in realtà non fossero stati, perché aveva trasformato il suo passato in un’epica dell’amore e dei turbamenti del suo tempo.
Oggi l’intuizione di Proust è dimostrata scientificamente dalle neuroscienze, grazie ad esperimenti operati sulle cellule cerebrali delle rane e sui collegamenti sinaptici delle lumache di mare.
Agli autori di Inside Out non poteva certo sfuggire questo aspetto. Proprio qui si gioca infatti la diatriba tra Gioia e Tristezza, gelosa custode dei ricordi primari di Rylie la prima, irresistibilmente attratta dagli stessi elementi costituitivi della personalità la seconda, però costantemente allontanata dalla prima perché considerata dannosa per la felicità di Rylie.
Nel finale a sorpresa i ricordi primari, custoditi e difesi da Gioia nelle sue mille peripezie da incombenti cadute e dalla grinfie di Tristezza per tutta la durata del film, dovranno proprio passare da Tristezza perché Rylie possa comunicare il suo malessere ai genitori e ritrovare così la loro comprensione.
Health Storytelling: the University of Parma launches an interdisciplinary research project
I was looking online for a Duccio Demetrio's speech near Parma for my dance teacher, who has read all of his books but never had the chance to meet him, when I came across a brand new Master in Health Storytelling, promoted by the Department of Surgery Sciences of the Parma University.
This breaking news struck my attention as it somehow affects my predictably well-defined further educational plans about autobiography.
I asked for more information and straight away I got an appointment with the scientific coordinator Ms. Giovanna Artioli - nurse and Professor.
Its clear that the American theory of narrative medicine by Rita Charon is drawing crucial development directions in health professions and such a master is an opportunity for doctors, nurses and any health professional to integrate in the daily practice a new method to better understand and take care of patients, aiming to an ideally customized medicine.
But my main question was about that single tiny line of the call, stating that the master is open to graduates in humanistic disciplines, too.
But why? How? What's the idea behind it? Maybe the introduction of storytelling experts into hospitals, specialized into honouring the stories of illness and stimulating health and awareness into patients, by reconstructing their stories?
No - Giovanna is honest and erases all doubts. “We're still far from that. Moreover increasing spending review and staff cuts row against.”
But, on the other hand, she talks to me about the “behind the scenes” of this master. And this is really interesting.
"The theoric basis of this master is to try to create and interdisciplinary group, working together on the new frontiers of health storytelling, connecting their different skills, applying them in an experimental environment, leading new researches in the fields of therapeutic emplotment, autobiography, patients’ agenda and other narrative areas.”
The strategic direction I can imagine from her words, is in the effort to overcome the antithetic juxtaposition of science and humanism, by trying to assimilate positivism and phenomenology.
Students are expected to be doctors and nurses for sure, but also psychologists, sociologists, writers, teachers. The same set of proficiencies will mark the professors team, built in part with the collaboration of the Libera Università di Anghiari.
The content list of the master described in the call can be considered pretty vague, but this is related to the learnig-by-doing principle of the experimental approach.
“Wow” I said to myself. That's pioneering. Looking for union in the academic world - whose history is made by hundreds of centuries of splitting the knowledge into categories and disciplines. And, most of all, doing it with a deeply noble cause: improving the health system, hence improving health itself.
Perfectly in tune with my personal era - which could be defined "in search of unity".
Social-freezing or work-life balance?
A couple of days ago I took part to a convention about artificial insemination organized by Il Mondo Yoga Studio and the Parma Azienda Ospedialiera Universitaria. Dr. Lorenzo Barusi mentioned Social Freezing, something that struck my attention and made me inquire the issue.
Apple and Facebook have an odd perquisite for their employees - they will pay for their employees as much as $20,000 to place oocytes in frozen storage, also known as cryopreservation and egg freezing. The combination of the two concepts has coined the expression of “social freezing”.I’m asking myself and you: why should women accept this offer?
Why should they give up natural conception in their young age to choose for egg freezing?
I think that, first of all, women should realize that behind this offer there is an economical need for more productivity, because by eliminating a biological clock for women, companies can reduce turnover and keep employees working longer hours, which will close that pay gap between men and women.
Then, they should realize that behind this offer there is a social problem. Still, women have to choose between career and family, while men have not.
Freezing eggs entrenches the false belief that women cannot be good mothers and good employees at the same time. Freezing eggs could slow down the raising power of women in working places, as recent researches state that the daughters of working women are more prone to make a career then daughters of housewives - or women close to retirement, as it would happen in this case.
But the main question is: why are we offering a medical solution to a social problem?
And again: how much does women know about these new techniques?
Do they know enough to weigh the realistic chances of success and the potential risks for both mother and child?
In a newly published review in Deutsches Ärzteblatt International, Michael von Wolff et al. outlines what needs to be considered before oocytes are placed in storage.
“The principal advantage of social freezing is the ability to delay having children. Disadvantages are the high costs, the high rate of multiple pregnancies following artificial insemination and the elevated risk of complications that brings. The likelihood that in vitro fertilization will result in birth is estimated at up to 40 % for women under 35, but only 15 % above the age of 40. Furthermore, women over 40 are more likely to suffer from diseases of pregnancy such as pre-eclampsia or gestational diabetes.”
Finally, I think that women should see in this apparently noble offer the statement of appreciation of their value and skills and should take from this the courage to stick to their own deep desires, even when they are in conflict with the system.
Because by now the system can hardly do without them.
Citation: von Wolff M, Germeyer A, Nawroth F: Fertility preservation for non-medical reasons—controversial, but increasingly common. Dtsch Arztebl Int 2015; 112: 27–32.
Michela Marzano su “Riconciliarsi col passato”
Cosa vuole dire ereditare?
Cosa riceviamo in eredità? Solo beni materiali o anche immateriali?
Cosa ci viene trasmesso oltre al cognome? Oltre al valore, agli affetti, alla cultura?
L’eredità è sempre consapevole, oppure anche incoscia e quindi involontaria?
Cosa vuol dire riconciliarsi col passato?
E’ iniziata con queste domande la lectio magistralis della Prof.ssa Michela Marzanodocente di Filosofia morale presso l'università Paris Descartes e deputato PD al Festival Filosofia Modena 2015.
L’ipotesi formulata dalla filosofa, è che si può riconciliarci col passato trovando un equilibrio tra fedeltà e tradimento, in particolare rimanendo fedeli all’unica cosa indispensabile per essere noi stessi e tradendo tutto quello che non ci è stato trasmesso con amore, ma ordinato con la minaccia.
Massimo Recalcati in “Le mani della madre”, descrive il padre come colui che trasmette la legge e la madre come il primo soccorritore, colei che trasmette il senso della vita, che salva dalla caduta nel non-senso.
Quando questi due elementi non esistono, la trasmissione non avviene.
Se il padre non è capace di trasmettere la legge e la madre non soccorre con amore, avvengono delle ferite gravi.
Come potrà il figlio curare queste ferite del passato?
Come potrà imparare ad articolare il desiderio, ad ascoltare il proprio Daimon - direbbe James Hillmann - , se questo desiderio sarà in contraddizione con l’imposizione subita del “Tu sei questo”?
Come potrà accogliere con amore la propria voce interiore, se lui stesso non sarà stato accolto fin dall’inizio della vita con amore, ma sarà stato pietrificato da uno sguardo di Medusa, che avrà fatto a pezzi la possibilità di creare fiducia in se stesso?
Il rischio di diventare auto-pietrificanti c’è, ed è elevato.
Ma qual’è la via d’uscita?
“Non c’è parola senza risposta, anche se l’unica risposta è il silenzio”, scrive Jacques Lacan. Questa è una regola della psicanalisi, secondo la quale è sufficiente che la parola trovi nell’altro un’accoglienza silenziosa, uno specchio che permette di vedere e capire. Questa chiarezza è data dalla possibilità di ascoltarsi e capirsi grazie all’ascolto dell’altro.
Questo processo non è esclusivo della psicanalisi, bensì può – anzi dovrebbe – essere una modalità propria della relazione, nella forma del Dialogo, che etimologicamente significa “azione del parlare tra due persone”.
Purtroppo oggi si fa fatica a trovare ascolto, quell’ascolto in cui la risposta silenziosa e senza giudizio è specchio, anche quando la parola altrui rimane incomprensibile, perché derivante da un’esperienza altra, da un’alterità sconosciuta e che fa paura.
L’ascolto che rende possibile la narrazione di sé è ciò che consente di fare i conti con il proprio passato, di far emergere i ricordi in modo non astratto ma vivo (l’etimologia di ricordare significa “riportare al cuore”).
“Faremo pace coi nostri ricordi quando arriveremo a sentirne il profumo” scrive la Prof.ssa Michela Marzano nel suo “Volevo essere una farfalla”.
E nel documentario sulla sua vita, la cantautrice inglese Amy Winehouse dice: “Tutti i testi delle mie canzoni sono autobiografici. Non potrei scrivere di nulla che non conosco, che non sia strettamente legato alla mia storia personale. Quando scrivo d’amore, ad esempio, quando scrivo di un uomo, devo tornare a ricordare tutto di lui, anche il profumo del suo collo”. Questo è quel ricordare che permette di rivivere il proprio passato in modo catartico, per ri-superarlo e quindi imparare ad accettare la vulnerabilità, le imperfezioni, il giudizio negativo, la sensazione di non essere all’altezza.
Scrive Paul Ricoeur: “L’unico modo che abbiamo di conoscerci è raccontarci, raccontando anche quello che non abbiamo vissuto, perché ci è stato negato o imposto”.
Ricordare, riconoscere a accettare anche ciò che non abbiamo vissuto ci apre ad una visione più integra di noi stessi, comprensiva di tutte le nsotre potenzialità, anche quelle che non abbiamo espresso.
E accettare di essere “diseredati” – perché non corrispondiamo alle aspettative che altri hanno proiettato su di noi – significa aprisi gioiosamente al futuro, ad un futuro in cui si prende la responsabilità della propria vita, abbandonando le recriminazioni, frutto di quello che Lacan chiama sentimento di “juissance mortifère” (godimento mortifero), cioè dell’atteggiamento vittimistico di chi, colpevolizzando gli altri, sposta fuori da sé la responsabilità della propria vita.
La riconciliazione con il passato è possibile se si riesce a capire che l’assenza permarrà, che non ci sarà risarcimento né riparazione, perché non è possibile cambiare il passato.
E se capiamo che l’assenza è stata causata da una “tara ereditaria”, cioè da un buco perpetuatosi nel tramandare con amore legge e desiderio.
Questo è, a grandi linee e con parole mie (anche il riferimento a Amy Winehouse è mio, non vorrei attribuirlo alla Professoressa, che forse lo troverebbe troppo “pop”, anche se Amy era jazz), l’intervento di Michela Marzano al Festival Filosofia di Carpi, in una vastissima e rilassatissima Piazza Martiri, illuminata dal sole di un settembre tropicale e sovrastata da un cielo azzurrissimo decorato dalle scie di molti aerei.
La Prof.ssa Marzano – o Michela, come ha detto di voler essere chiamata quando non Professoressa – ha dovuto tagliare il suo intervento, perché il tempo era scaduto. Peccato. Sarei stata molto curiosa di poterlo sentire integralmente.
Mi chedo se in quel pezzo mancante avrebbe parlato di come imparare non solo ad accettare il proprio passato, ma anche ad amarlo. Ad amarlo tutto, inclusi il dolore, le imperfezioni, le mancanze, che ci hanno reso quelli che siamo, con le nostre forze e le nostre fragilità, con i nostri traguardi e i nostri desideri.
Mi chiedo se avrebbe parlato di come possiamo imparare ad amare la nostra storia e riconoscervi una specie di traccia - quello stesso disegno da noi amato e scelto prima di venire al mondo e poi dimenticato.
Body Word, laboratorio di Danza-Scrittura, a partire da settembre 2015
Sentire nel corpo cosa significa essere equilibrati, centrati. Avvertire il peso, assecondarlo, cedere alla gravità. Essere consapevoli di sé, del proprio ingombro nello spazio, delle direzioni in cui ci si muove. Avvertire il corpo degli altri, muoversi insieme agli altri. Lasciarsi guidare dal movimento primordiale. Seguire il proprio ritmo.
Infine trovare il dialogo di corpo, mente e anima, attraverso la ricerca della parola poetica.
Tutto questo nel laboratorio di Body Word (danza-scrittura) condotto da Giulietta Kelly, basato sull’integrazione di Danza Contemporanea e Metodo Autobiografico.
Feeling what it means being balanced. Perceiving weight, following it, surrendering to gravity. Being aware of one’s body, of its place in space, of its directions. Knowing about other bodies’ presence, moving together. Letting oneself be guided by elementary movement. Following one’s own rhythm.
Finally, finding a dialogue among body, mind, soul, through poetry.
All this, in the Body Word laboratory, guided by Giulietta Kelly, weaving together Contemporary Dance and the Autobiographic Writing Method.
INFO E ISCRIZIONI
1, 2, 3 BookTribu!
Da oggi comincia una nuova avventura: lanciare BookTribu e aiutarla a diventare più grande, più ricca e più bella! Ma...cos'è BookTribu? E' una piattafroma web unica nel suo genere e start-up della cultura: è sia casa editrice online per talenti emergenti, sia social network per scrittori, illustratori, editor ed amanti della lettura. Per loro - in team con SQuola di Blog - ne penseremo delle belle!
In cucina coi ricordi / Cooking Memories
Mezza dose di sapori e aromi, un cucchiaio di memoria, una manciata di scrittura: questi gli ingredienti-base di un laboratorio che gioca a mettere alla prova il cosiddetto fenomeno-Proust, per cui gusto e olfatto scatenano lampi che illuminano gli angoli più bui della nostra memoria. I partecipanti degustano piatti legati alla loro vita e scriveranno la loro storia. Dulcis in fundo, il progetto grafico: ognuno confeziona storie e ricette in uno scrapbook, con materiali dal design ricercato e l'ausilio di attrezzi Sizzix.
Half a dose of spices, a spoon of memories, a handful of writing: these are the key-ingredients of a lab proofing the so-called Proust-phenomenon, saying that taste and smell arouse the darkest corners of our brains. Participants taste courses from they life story and will write about them. Dulcis in fundo, the graphic project: everyone creates his/her own diary&recipe scrapbook, with high design materials and Sizzix tools.
Idea and direction: Elisa Barbieri (aka Giulietta Kelly)
11.04.2015 h 9-13 incontro di degustazione e scrittura
c/o Cooperativa La Bula, Strada Quarta 23, Parma
28.04.2015 h 19-20 incontro di scrapbook
c/o Distretto Soci Coop, via Mansfield 2, Parma
Iscrizioni: rosilisp@hotmail.com
Labirinti del Male a Milano
Sabato 22 novembre h 21 l'opera di teatro didattico Labirinti del Male di Giulietta Kelly e Luciano Garofano, regia di Alessandro Molinari, con Luciano Garofano, Giorgia Ferrero e Laura Trent andrà in scena all'Auditorium San Luigi di Garbagnate Milanese (MI). In attesa della giornata mondiale per combattere e prevenire la violenza sulle donne, noi facciamo la nostra parte così. E voi? Venire, partecipare è conoscere e imparare a difendersi. Vi aspettiamo.
MADMAN
Un morphing visivo, per l’incostanza dell’anima e l’oscillazione perenne tra gli opposti, nel videoclip del brano Madman della cantautrice Laura Trent.
A visual morphing, to convey the instability of the soul and the constant swinging between opposites, in the video clip of the track Madman by the singer-songwriter Laura Trent.
Song available on
https://itunes.apple.com/it/album/madman/id685939098?i=68593923
Directed and edited by Alessandro Molinari
Assistant Alex Preti
Make up artist Alessandro D’Anna
A casa Scic Storie di vita in cucina con DIEGO DALLA PALMA a VILLA SIRENA (TAORMINA)
Il makeup-artist Diego Dalla Palma protagonista del primo episodio di una serie di micro-film di vita in cucina. Entra a Villa Sirena (Taormina) e scopri la sua ricetta segreta.
The makeup-artist Diego Dalla Palma is the main character of the first episode of a series of micro-films about life in the kitchen. Enter his Taormina Sicily Villa Sirena and discover his secret recipe.
Filmed and directed by Alessandro Molinari
Editing Aleck Preti
Client Scic
www.scic.it